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presenta:

LA PATRIA ED I SUOI EROI

Il Capitan America Nero (prima parte)

 

« Ho un sogno: che un giorno questa nazione si sollevi e viva pienamente il vero significato del suo credo: "Riteniamo queste verità di per se stesse evidenti: che tutti gli uomini sono stati creati uguali" »

(Martin Luther King)

La prima volta che successe aveva 5 anni: i bambini dell’asilo St. Mary si stavano divertendo con i pennarelli, colorando i disegni che avrebbero poi appeso alle pareti della classe. La mattinata deteriorò, quando il piccolo Elijah Bradley prese il pennarello marrone per colorare il volto di Capitan America, che aveva precedentemente ritratto.

<Ma cosa fai? Cap non è nero!> gli disse Timmy.

< Ma lui non è il Cap che conosci tu. Questo è il mio nonno, che da giovane era fortissimo ed era anche lui Cap, solo che faceva missioni segretissime.>

<Ma che dici? Non esiste un altro Cap!>

< Si invece! Mio nonno era Capitan America, ed era anche più migliore dell’altro!>

< Sei un bugiardo! Ti stai inventando tutto per farti bello!>

<Non è vero!>

<Invece si!>

<Invece no!>

Dalle parole passarono agli spintoni e alle botte: Eli era più forte e più arrabbiato, e fece un occhio nero a Timmy, che scoppiò a piangere. La maestra lo prese per l’orecchio e lo mise in castigo. Quando nonna Faith lo venne a prendere la maestra le raccontò l’accaduto. Venne severamente rimproverato, e anche i suoi genitori, quando la sera rincasarono dal lavoro, lo sgridarono. Il bambino pianse rabbiosamente e corse nella stanza del nonno, che senza dire una parola lo strinse fra le forti e robuste braccia.

Quella fu la prima volta che Eli fece a botte per difendere suo nonno. Le cose non migliorarono con l’ingresso a  scuola anzi peggiorarono, specie da quando i suoi genitori morirono nell’attentato dell’11  settembre e lui andò a vivere con i nonni nel  Bronx e il legame con loro si rafforzò ulteriormente.

Ancora oggi che frequentava il terzo anno di liceo accadeva di frequente che il ragazzo si facesse espellere per risse... e poco importava se gli altri non erano  mai in meno di cinque o sei: era sempre lui che alzava le mani per primo e che li faceva “neri” di botte. Suo nonno era la persona più importante per lui, e chi ne parlava male sapeva quello che lo aspettava.

 

Base dei Vendicatori. La palestra.

 

Priscilla Lyons alias Vagabond era il membro della squadra chiamata i Patrioti che necessitava maggiormente di allenamento. Jeff Mace alias il nuovo Capitan America si era messo a sua disposizione, insegnandole qualche mossa e a correggerne  gli errori. Almeno, in teoria. Mentre la ragazza si esercitava in acrobazie, l’eroe a stelle e strisce era con la testa da tutt’altra parte.

<La ragazza si sta impegnando, non c’è che dire> disse Occhio di Falco, arrivandogli da dietro.

<Uh? Oh si è molto concentrata.>

<Al contrario di te. Che hai? Problemi di donne?>

<No, no... problemi di lavoro. Stavo pensando al quel Bucky di colore che abbiamo incontrato...>

<Non sapevo che avessi certi gusti> disse Occhio di Falco ironicamente <In questo sei molto diverso dal tuo predecessore, ma io non ho pregiudizi verso le coppie gay...>

<Ce la fai ad essere serio per un momento, Clint? Io dico davvero; ho combattuto con quel ragazzo, e quello che gli ho visto fare mi sta togliendo il sonno. Mi sono allenato con Steve per alcune settimane prima... di prendere il suo posto, e quel ragazzo di muoveva allo stesso modo. Stessa agilità, stessi riflessi, stesso modo di non avvertire la fatica... >

<Aspetta, non mi starai dicendo che...>

<Esattamente. Quel ragazzo, quel Bucky, è un supersoldato. Sono pronto a scommetterci.>

<Pensi che il vecchio ronzino abbia...?>

<Mi sento di escluderlo. Però mi chiedo da dove possa provenire.>

<Capisco. Beh Steve non è l’unico ad aver assunto il siero del supersoldato. Anche escludendo lui, qualcuno altro potrebbe aver avuto dei figli. >

<Infatti. Ed è quello che intendo scoprire.> disse in maniera decisa.

 

Qualche giorno dopo Jeff Mace, in borghese, andò a trovare nel suo appartamento nel Connecticut il professor Steve Rogers della Lee Academy.  Jeff era uno dei pochissimi uomini sulla terra a conoscere la verità su di lui, che in realtà egli fosse l’originale Capitan America e che aveva simulato la propria morte per ritirarsi a vita privata, lasciando a lui il compito di proseguire la sua missione di difensore del Sogno Americano.

Ma come primo supersoldato d’America e partner del Bucky originale, l’esistenza di un ragazzo che portava lo stesso nome del suo defunto compagno e nelle cui vene scorreva lo stesso siero che gli aveva cambiato la vita era un argomento che lo riguardava personalmente.

<E Clint ha pensato che potesse essere un mio nipote?> chiese Steve.

<Si. E’ convinto che tutti siano degli allupati Don Giovanni come lui.> gli rispose sorridendo.

<Ti assicuro che mi ricorderei se avessi concepito un figlio durante la guerra, e l’ultimo Bucky con cui ho avuto a che fare è stato Rick Jones. Povero ragazzo... era un momento piuttosto turbolento della mia vita. Mi ero risvegliato da poco dall’animazione sospesa, e ho cercato di riempire il vuoto che avevo dentro...>

<Facendogli indossare delle scarpe che non erano le sue. Lo so.>

<Precisamente.> disse Steve con un’aria dispiaciuta  <Comunque, Clint ha ragione quando dice che non sono stato l’unico a cui è stato somministrato il siero del supersoldato.>

<Il tuo sostituto, quello dei ’50. Potrebbe aver avuti dei discendenti?>

<Non è da escludere, ma è morto. Da lui non lo sapremo mai. Ma non mi ricordo che Jack mi abbia mai accennato ad una sua relazione, tantomeno a dei figli.>

<Questo ci porta all’altra questione, Jack Monroe.  Anche lui ha assunto il siero del supersoldato. Anche eliminando il suo mentore dalla lista, potrebbe essere lui il “responsabile”. Sappiamo entrambi che non è stato sempre... in se. Attraversava il paese portandosi dietro un neonato vestito come Bucky, dettaglio da non trascurare, visto e considerato che il nostro ragazzo va in giro indossando lo stesso costume, affermando di averne pienamente diritto.>

<Non è da escludere. A questo punto, direi di andare a chiederlo direttamente a lui. Ma vacci piano, con Jack: quel ragazzo ha sofferto molto. Che c’entri o meno, una notizia del genere potrebbe sconvolgerlo.>

<Ci andrò coi piedi di piombo.>

 

La notte dopo. Lincoln Memorial. Washington.

 

L’aveva  incontrato una volta sola, per breve tempo, quando, assieme a tutti coloro che erano stati partner o amici di Capitan America erano stati catturati dal Teschio Rosso, ma non avevano parlato molto in quell’occasione. Nomad era uno dei più affezionati tra gli alleati del suo predecessore, ed era presente in quell’ultima missione in cui “perse” la vita. Jack Monroe ha sacrificato la propria esistenza (rischiando in più occasioni la salute mentale) alla causa di Capitan America. Per ben due volte: prima negli anni 50, accanto al suo sostituto maccartista, e poi ai giorni nostri, quando al fianco del Cap originale cercava il proprio posto in un epoca così diversa dalla sua.  Jeff temeva il suo giudizio più di quello di chiunque altro.

Lo aveva contattato tramite il programma  S.T.A.R.S. per il quale lavorava, grazie all’aiuto del col. Fury.

<Come t’è venuta l’idea di incontrarci qui?> chiese Nomad, spuntando dal nulla.

<Preferivi un tetto con un faro?> rispose Cap, cercando di mascherare con la grinta il suo nervosismo.

<Di cosa volevi parlarmi? Perchè hai voluto incontrarmi?> tagliò corto lui.

<E’ una questione alquanto delicata, non so bene da dove cominciare...>

<Falla finita e arriva al punto.> disse in un modo che irritò Jeff.

<Sei nel giro da parecchio tempo. Hai mai avuto dei figli?> gli disse, diretto quanto un pugno sul naso.

<E posso sapere il perchè di questa domanda personale?>

<C’è un ragazzo che va in giro vestito da Bucky e si da il caso che sia anche un supersoldato.>

<Capisco. E dato che sono uno svitato irresponsabile pensi che sia mio, giusto.>

<Non ero io quello che se ne andava in giro con appresso una neonata...> e tanti saluti all’andarci coi “piedi di piombo”. I due non s’erano piaciuti. Sembravano sul punto di litigare, quando a sorpresa fu Nomad a placare gli animi.

<Ti garantisco che io non hi niente a che fare con lui. Ammetto di avere passato dei brutti momenti, ma non ho mai inguaiato nessuna ragazza. In fondo avevo solo 12 anni quando ho cominciato, negli anni 50, e all’epoca ero davvero troppo giovane per andare “in gol” con una ragazza...  o anche solo per pensarci. Quando ho cominciato a farlo, era già troppo tardi e poi non credere che fosse così facile  nonostante quello che hai potuto vedere in Happy Days.>  Jeff sorrise.  Forse lo aveva giudicato troppo severamente. Poi riprese:

<E Cap? Intendo il tuo Cap.>

<No. Steve in quel periodo era talmente ossessionato dall’idea di diventare il nuovo Capitan America che non intendeva assolutamente instaurare una relazione, diceva che sarebbe stato troppo pericoloso avere una donna, che i rossi avrebbero potuto usarla per arrivare a lui. Fu tassativo su questo.>

<Ma voi siete stati ibernati per decenni in un crio-contenitore del governo. Non pensi che possano avervi prelevato dei campioni di sangue?>

<Non è da escludere, anche se già col finire della guerra in Corea l’interesse per il progetto supersoldato scemò, in più, come sai, avevamo avuto effetti collaterali, cosa che ha ulteriormente influito alla sospensione della ricerca. Almeno, fino al conflitto in Vietnam.>

Il ragionamento di Nomad filava. Il mistero su questo Bucky s’infittiva sempre di più.

<Fammi un fischio se ti servono altre informazioni... o una mano.> gli disse Jack a sorpresa.

<Lo farò. Grazie.> e si separarono, prendendo strade differenti.

 

Villa Bishop, il giorno dopo.

 

Clint Barton e Kate erano impegnati nella consueta sessione di allenamento nella palestra della casa di quest’ultima. Tiro con l’arco, ginnastica, arti marziali, scherma. Era un vero tour di force per la ragazza, ma dopo un paio di settimane si era abituata a quel ritmo incalzante, e cominciava addirittura a divertirsi, nonostante la fatica.

<Bene. Devo ammetterlo, stai migliorando parecchio. Che ne dici di prenderti una pausa?>

<Magari. Vado in bagno a darmi una sciacquata.> e mente lei andava in bagno a togliersi via il sudore, Clint ne approfittò per rispondere al cellulare.

<Ehi Junior! Allora, novità?>

<Nulla di nuovo Clint. Un buco nell’acqua finora. Non so più a chi rivolgermi, sono in un vicolo cieco.>

<Ma scusa, non hai pensato di fare la cosa più semplice?>

<Sarebbe?>

<Andare a chiederlo direttamente a lui. Con Kate ha funzionato. Ricordi cosa ho fatto io quando lessi dell’impresa compiuta da “Occhio di Falco”? Non so cos’abbia in testa questo ragazzino vestito da Bucky, da dove viene e perchè ha deciso di giocare al supereroe teen ager, ma prova a rintracciarlo e parlagli faccia a faccia. >

Fu come la proverbiale lampadina che s’illumina in testa. Jeff si sentì uno sciocco a non averci pensato prima.  S’era concentrato tanto nell’ottenere informazioni da tutti i supersoldati che conosceva da non aver pensato di domandare al diretto interessato.

<Clint, sei un genio! Te l ho mai detto che sei un genio?>

<No ma dovresti prendere l’abitudine di farlo. Ora ti debbo lasciare, sto per riprendere l’allenamento. Tienimi aggiornato ok?>

<D’accordo. A presto allora, e grazie ancora.>

Clint terminò la chiamata e si girò verso Kate, che lo attendeva con l’asciugamano sulle spalle.

<Sei pronta? Ricominciamo.> le disse, pensando che fosse appena tornata dal bagno. Non sospettava minimamente che avesse ascoltato tutta la conversazione.

 

***

 

Questa una volta era un’autorimessa, ma da qualche anno a questa parte è divenuto un centro ricreativo giovanile, che questa sera è pronto ad ospitare una serata con musica dal vivo, dove ci saranno molti ragazzi pronti a consumare fiumi di birra e di certo qualche spinello. Tutto nella norma, peccato che al posto dei poster e delle magliette dei Metallica, degli Iron Maiden o dei Gun’s and Roses vi siano delle svastiche e immagini di Adolf Hitler. Bucky osservava dall’alto, con malcelato disgusto, quella massa di imbecilli con cranio rasato saltare e gridare a canzoni che avevano come ritornello “Prendiamo il negro e spacchiamogli il culo”. Decise allora di esaudire la loro richiesta, balzando sul palco e attirando la loro attenzione. La musica cessò di colpo e in pochi secondi gli furono addosso, pronti a fargli la pelle. Il primo assalitore venne lanciato contro un amplificatore, mentre gli altri vennero presi a pugni e calci nel più tradizionale dei modi, come si addice ad un supereroe. E mentre il ragazzo si dava da fare, un osservatore speciale decise che ero il caso di intervenire. Lo scudo sibilò attraverso l’aria, rimbalzò una prima volta per terra, separando Bucky da un gruppo di scalmanati, poi una seconda sul muro, prima di ritornare in mano al legittimo proprietario.

Jeff sperava che la vista di “Capitan America che lancia il suo potente scudo” fosse sufficiente a farli fuggire a gambe levate, ma si sbagliava. Immediatamente i due si trovarono schiena contro schiena.

<E tu che ci fai qui? Mi pedinavi?>

<Ti stavo cercando. Ho letto su internet di questo raduno e sapevo che ti avrei trovato qui. Devo parlarti.>

<Hai fatto un viaggio a vuoto, perchè io non ho nulla da dirti.>

<Io dico di si, invece. Ma che ne dici di rimandare a dopo?>

Il giovane annuì, poi i due passarono all’azione. Mentre Cap ci andava piano, limitandosi a difendersi con qualche mossa di judo, Bucky non si tratteneva affatto, elargendo nasi rotti e occhi neri ai suoi aggressori, permettendosi anche qualche mossa coreografica come sollevare il più grosso di loro e scaraventarlo contro la batteria, facendola a pezzi. Non avevano nessuna speranza: in  qualsiasi modo la si chiamasse, quella confusione  non poteva definirsi una lotta per Cap e Bucky. Nonostante i loro costumi e le bandiere con la svastica, erano lontano anni luce dagli scontri sanguinosi che i loro predecessori avevano coi nazisti durante il secondo conflitto mondiale; difatti, la cosa finì abbastanza in fretta, senza morti e con i due patriottici eroi che non avevano nemmeno cominciato a sudare.

 

Qualche minuto più tardi, si appartarono sopra il tetto di una palazzina poco lontano da lì.

<Allora? Che cosa vuoi?> chiese duramente Bucky.

<Farti la stessa domanda che t’ho fatto l’ultima volta, prima però ho una precisazione da farti: devi imparare ad agire. In questo paese esiste la libertà di associazione e quella di espressione. Tutti hanno diritto a riunirsi e ad esprimere le loro idee... anche le più ignobili. E’ questo che avviene in un paese democratico. Stasera...>

<CHE COSA? NON CREDO ALLE MIE ORECCHIE! Erano dei neonazisti, quelli che abbiamo appena pestato!>

<Ma non stavano facendo niente di illegale. Non erano un gruppo armato, non stavano organizzando un pestaggio o un attentato. Certo, quei balordi hanno un cervello in corto, ma era solo un concerto. Sebbene la loro ideologia sia da condannare, non avevi nessun diritto di imbucarti e pestarli.> 

<Ma lo senti che str%$£te stai dicendo? Capitan America dovrebbe combatterli, i nazisti!>

<Non venirmi a dire come svolgere il mio lavoro, ragazzo.  Erano solo un gruppo di imbecilli ignoranti, non certo l’Hydra!>

<Risparmiami la predica, amico.  Io...>

<Va bene, allora veniamo al punto. Vederti combattere ha confermato alcuni sospetti che avevo su di te. Quel modo di muoversi, di saltare significano solo una cosa: tu sei un supersoldato, ne sono certo. Per cui, te lo richiedo: chi sei? Perchè indossi quel costume? Come hai assunto il siero che ti scorre dentro?>

<Te l’ho detto l’altra volta: è mio diritto indossare questo costume. E il siero di cui parli “l’ho assunto” nell’utero materno.>

<Andiamo piantala. Conosco tutta la storia di quest’uniforme... vita, morte e miracoli. Perchè affermi di farne parte?> quell’affermazione e la sicurezza mostrata da Cap nel farla mandarono Bucky su tutte le furie.

<”Conosco vita, morte e miracoli di quest’uniforme”... amico, quello che non sai su quel costume potrebbe riempire un’enciclopedia! Dici di sapere tutta la storia... balle! E che mi dici del Capitan America nero allora? Eh?>

L’espressione di sorpresa sul volto di Cap era eloquente.

<Non ne sai niente vero? Certo, figurati se un viso pallido come te lo avesse anche solo sentito nominare. Eppure è esistito veramente. Anche lui ha servito il suo paese combattendo nella seconda guerra mondiale, ma non troverai niente su di lui nei cinegiornali dell’epoca... no, perchè il governo che rappresenti negò perfino la sua esistenza. Che c’è? Trovi strano che un fratello abbia indossato quella stella e quelle strisce? Non mi credi vero? C’era da aspettarselo... è tutta la fottuta vita che mi batto contro l’incredulità della gente!> gridò rabbiosamente dando un pugno al comignolo che aveva di fianco, mentre a causa di un pianto rabbioso le lacrime iniziavano  a rigargli il volto.

<Ma è la verità. Il Capitan America nero è esistito veramente. Ha impedito ai tedeschi di creare un esercito di supersoldati. E ha ricevuto qualche medaglia per questo? Nossignore! Non era tollerabile che un negro indossasse quella bandiera, e li sbatterono in prigione! Loro volevano che il loro supersoldato avesse la pelle bianca e gli occhi azzurri, che posasse per la rivista LIFE e per i manifesti per il reclutamento!>

Si asciugò le lacrime, poi cercando di calmarsi riprese a parlargli:

<Quello che faccio lo faccio per lui. Solo per lui. Quello che tu e i tuoi soci pensate non mi interessa. Continuerò per la mia strada, e se la cosa non ti va bene, dovrai batterti per fermarmi.> e così dicendo, sparì nella notte. Capitan America non riuscì a spiccicare neppure una parola.

Il giorno dopo Jeff si incontrò con Steve Rogers  a Boston, nella casa di famiglia, alla presenza di suo padre.

<Un’altro Capitan America? di colore? Impossibile!> disse senza mezzi termini Will Mace <La storia di Capitan America è legata a filo doppio alla nostra famiglia. Quel ragazzo mente, ne sono sicuro.>

<No papà, io non credo. Era troppo convinto, troppo preso da quella storia. Diceva la verità, ne sono certo.>

<O quella che lui pensa sia la verità...>

<Eppure, pensaci bene; la sua storia spiegherebbe tutto, scioglierebbe ogni dubbio riguardo all’origine di quel ragazzo. Steve, non hai mai sentito nemmeno una voce riguardante altri volontari per il progetto Rinascita?>

<No, ma le lacune che abbiamo al riguardo sono molte. Per tutta il periodo della guerra io sono stato l’unico supersoldato al servizio del paese... purtroppo, fatemi aggiungere. Su questo non ci piove. Ma di recente abbiamo saputo di altri che furono soggetti di test, come Clinton McIntyre per esempio. Per cui, non mi sento di escludere questa possibilità>

<Dobbiamo saperne di più. Chiederò ai membri del battaglione V se hanno mai sentito qualcosa al riguardo... anche la minima notizia potrebbe essere un riscontro.>

<Buona idea papà.>

Così iniziò un lungo giro di telefonate ai vecchi veterani amici di famiglia, ma nessuno di essi aveva mai sentito niente al riguardo, nemmeno una voce.  Finchè un giorno il senatore Fred Davis chiamò a casa Mace, dicendo a Will di chiamare Steve e Jeff e di raggiungerlo appena possibile nel suo ufficio

<Non siete i soli ad essere interessati a saperne di più sul Capitan America Nero. Ho delle novità al riguardo e, credetemi, non indovinerete mai cosa c’è dietro a questa storia....>

Continua...

 

 

Le Note

 

Dopo cinque anni finalmente sveliamo la vera identità del Bucky Nero! Era il 2005 quando Fabio Volino presentò su questa testata il suddetto personaggio, che nelle sue intenzioni doveva essere un personaggio completamente diverso da quello di cui avete letto, ma in questi anni molte cose son cambiate (tra cui l’addio dell’amico Fabio da MiT per motivi lavorativi) per cui ho deciso di prendere altre strade e di legare l’esistenza di Bucky/Eli a quella dello Scudiero a stelle e strisce. Se a questo sommate la mia voglia d iintrodurre nel nostro universo Isaiah Bradley, personaggio che mi è piaciuto moltissimo da quando lessi la sua storia nella miniserie Truth scritta da Robert Morales, comprenderete il perchè di questa mia decisione.

 

1 = Nella storia dell’ Uomo Ragno dedicata all’11 settembre, ricorderete che c’era una commovente scena in cui un bambino di colore assisteva alla morte del padre, morto durante il crollo delle macerie. Dato la mia storia molto “americana” e visto che al momento in cui scrivo son passati dieci anni da quell’evento così drammatico ho creduto appropriato citarlo in questa mia storia. Ovviamente, tra otto- dieci anni, nel narrare le origini di Elijah si dirà che il padre è morto mentre cercava di aiutare le persone  in un “anonimo” incendio.

 

2= Nel MU classico, Isaiah Bradley ebbe una figlia di nome Sarah Gail, nata nel 1942. Suppongo che inizialmente la Marvel non avesse intenzione di integrare quella miniserie nella continuity ufficiale, perchè si dice che Isaiah rimase sterile a causa del siero del supersoldato, e dunque Eli (che infatti non aveva nel suo organismo il siero del supersoldato, ma lo ottenne successivamente a causa di una trasfusione di sangue da parte del nonno) può essere figlio solo di Sarah Gail, che sembra un pò troppo vecchia per avere un figlio di diciassette anni. Non è mai stato spiegato inoltre come mai Eli abbia lo stesso cognome del nonno (e non quello del padre).

In MiT invece ho cambiato un pò le cose: Isaiah e Faith concepirono un figlio dopo il 1961 (e quindi oggi avrebbe circa 50 anni ed è plausibile che abbia un figlio di 17) e che questi sia un maschio, Josiah, in modo da tramandare il cognome anche ad Eli.

Per informazione, vi dico che nel MU Josiah X è sempre figlio di Isaiah, ma creato in laboratorio dall’esercito utilizzando il suo patrimonio genetico e che conobbe i suoi genitori solo da adulto.

 

3= In questa storia ho voluto far comparire tutti gli uomini che hanno usato il nome di Bucky: tra questo e il prossimo numero vedrete infatti tutti i successori di Bucky Barnes: Fred Davis (dal 45 al 49), Jack Monroe (1954) e Lemar Hoskins, che successivamente divenne Battlestar. Purtroppo non avevo modo di far apparire Rick Jones, ma ho deciso almeno di nominarlo, citando l’immortale capolavoro di Jim Steranko “Stanotte Muoio”, in cui appunto vestì i panni di Bucky.

 

4= Questa storia viene subito dopo Occhio di Falco n. 2, ed entrambe si svolgono cronologicamente prima rispetto alla linea temporale delle altre serie regolari MiT.

 

 

Carmelo Mobilia